martedì 24 luglio 2012

Ecco perchè la terra è così arida

A dispetto del fatto che oltre il 70% della superficie terrestre sia ricoperta di acqua, in realtà il nostro pianeta è decisamente arido se consideriamo la sua intera massa, rappresentata da acqua per meno dell'1%. Per di più, parte di quella che c'è potrebbe essere stata trasportata da asteroidi e comete. Secondo il modello standard che descrive la formazione dei pianeti a partire da un disco protoplanetario di gas e polveri, la Terra dovrebbe avere molta più acqua, perché si ammette che quando si formò si trovava oltre la cosiddetta "linea della neve", all'esterno della quale esiste ghiaccio d'acqua nel disco, ghiaccio che partecipa alla formazione dei pianeti. Questo apparente paradosso sembra trovare una spiegazione in un lavoro recentemente pubblicato da Rebecca Martin e Mario Livio sul Monthly Notices della Royal Astronomical Society. Nel lavoro si ammette in sostanza che la Terra non si è formata all'esterno della linea della neve e che questa, a differenza di quanto sostenuto dal modello standard, non ha subito una migrazione verso l'interno del sistema solare (favorendo così la formazione di pianeti umidi). Il meccanismo della migrazione della linea della neve sarebbe stato in teoria attivato dalla ionizzazione del disco protoplanetario, ma come giustamente Martin e Livio fanno notare quel fenomeno non è presente in modo rilevante nei dischi protoplanetari che vediamo attorno ad altre stelle e non c'è motivo di ritenere che solo nel nostro caso sia stato particolarmente attivo. Se quindi la Terra non ha una quantità di acqua misurabile in decine di punti percentuali, come avviene per Urano e Nettuno è solo (e ovviamente) perché dove si è formata di acqua ce n'era molto poca. Nessun mistero quindi a riguardo della sua aridità, ma solo un altro modello da rivedere. Tratto da astropublishing.com

sabato 21 luglio 2012

Ipotesi|Microbi sulle lune di marte

Qualche anno fa il Planetary Protection Office della NASA aveva commissionato uno studio un po' particolare in vista della missione russa Grunt verso Phobos, satellite di Marte. Lo studio, affidato a Jay Melosh, della Purdue University, e ad alcuni suoi collaboratori, doveva valutare la possibilità dell'esistenza sulla piccola luna di vita batterica proveniente da Marte. Sebbene la missione russa sia poi fallita, il team di Melosh ha comunque portato a termine la sua ricerca, i cui risultati sono in parte già noti e saranno ufficialmente presentati il 14 luglio prossimo ad un meeting in India. Tutto parte dal presupposto che i più grossi asteroidi caduti sul pianeta negli ultimi 5-10 milioni di anni hanno sicuramente scagliato una gran quantità di materiale roccioso in orbita, dove sarebbe stato in parte raccolto da Phobos. Se in quel materiale c'erano forme di vita elementare, potrebbero essere sopravvissute agli eventi ed essere ancora individuabili alla superficie del satellite. Quest'ultimo, grazie alla sua bassissima gravità, è evidentemente molto più semplice da perlustrare che non Marte e per lo stesso motivo è assai più economico riportare sulla Terra campioni di roccia da analizzare. Ma quanta roccia marziana c'è su Phobos? Le stime del team di Melosh suggeriscono che 200 grammi di superficie di Phobos possono contenere 1/10 di milligrammo di Marte risalente a non più di 10 milioni di anni fa, e ben 50 milligrammi se ci si spinge fino a 3,5 miliardi di anni fa. E' chiaro che i campioni più interessanti sono quelli meno datati perché è in quelli che possono essere rilevate eventuali tracce di vita. Dalla dinamica degli impatti più recenti è emerso che Phobos ha sicuramente raccolto materiale anche meno di 5 milioni di anni fa, indipendentemente dalla sua posizione orbitale durante gli eventi, un tempo considerato interessante per la sopravvivenza di colonie di batteri sufficientemente schermati dalla radiazione solare. Le valutazioni di Melosh e colleghi saranno di stimolo alla programmazione di una nuova missione automatica verso Phobos, progetto che già rientra nei piani NASA, anche se non per l'immediato futuro.

Scudi magnetici sulla luna

Sulla superficie del nostro satellite si notano con relativa facilità delle zone chiare con un aspetto talvolta ondeggiante. Vengono chiamate "lunar swirl". Qui sopra ne vediamo un esempio: l'immagine ritrae un territorio noto col nome di Reiner Gamma swirl. Queste formazioni attrassero l'attenzione dei ricercatori soprattutto al tempo delle missioni Apollo e già all'epoca si riuscì a capire che la tonalità particolarmente chiara di quelle aree era probabilmente da attribuire alla presenza di campi magnetici locali. Ora un lavoro coordinato da Ruth Bamford, del Centre for Fundamental Physics del Rutherford Appleton Laboratory, getta nuova luce su quelle strutture, concludendo che effettivamente esse sono interessate da bolle magnetiche, che queste producono campi elettrici nelle loro parti più esterne e che tali campi elettrici riescono a ostacolare il flusso di particelle cariche provenienti dal Sole. Poiché è proprio la radiazione solare una delle cause principali dello scurirsi della superficie lunare, dove quella radiazione non riesce a giungere la superficie rimane più chiara. Resta però da capire come le mini magnetosfere che avvolgono i lunar swirl riescano a schermare quelle regioni per periodi che dovrebbero essere misurabili in milioni (se non miliardi) di anni. Capirne il funzionamento potrebbe consentire di ricreare quel tipo di schermo in occasione di future missioni umane sulla Luna o anche su Marte, a tutto vantaggio della salute degli astronauti.
Tratto da astropublishing.com

venerdì 20 luglio 2012

Scoperta la più antica galassia a spirale

La galassia BX442 è speciale, è la più antica galassia mai osservata, ma la la cosa più curiosa è che secondo gli scienziati ai tempi della sua nascita non c' erano condizioni in grado di dar forma ad una galassia di questo tipo.

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martedì 17 luglio 2012

Il calcolo distribuito

Che cos’è il calcolo distribuito e perché tutti noi dovremmo interessarcene?

world_digital_connectionsLa risposta è molto semplice e al tempo stesso di grande importanza. I mezzi informatici, che sono uno strumento fenomenale in quanto hanno permesso di accelerare considerevolmente il progresso dell’umanità, sono sempre più fondamentali in qualsivoglia ambito di ricerca scientifica, dalla medicina alla fisica, dalla meteorologia allo studio del cosmo. Sebbene la potenza dei calcolatori vada aumentando di anno in anno, la necessità di capacità di calcolo risulta spesso maggiore di ciò che le possibilità economiche degli enti di ricerca offrono. Come fare per ovviare a questo problema? Una soluzione c’è, e qui entra in gioco il “calcolo distribuito”. Dislocati su tutto il pianeta ci sono oltre un miliardo di personal computer - 25 milioni in Italia - che generalmente vengono sfruttati solamente per una minima percentuale delle proprie capacità. Da qui la geniale idea alla base del “calcolo distribuito”: unire le forze di tanti computer per realizzare potenze di calcolo enormi, sfruttando appunto le risorse inutilizzate dei nostri computer. Per usare al meglio tutta questa potenza, i ricercatori del progetto Seti dell’Università di Berkeley hanno sviluppato il software BOINC (Berkeley Open Infrastructure for Network Computing), una nuova e potente piattaforma per il calcolo distribuito che sfrutta le risorse dei PC offerte volontariamente. BOINC.Italy è nato quando alcuni utenti italiani hanno scelto di appoggiare vari progetti che utilizzano questa piattaforma creando un proprio gruppo di calcolo e invitando chiunque voglia a farne parte. Vediamo in dettaglio di cosa si tratta.

Come funziona?

rete_client_serverIl processo con cui funzionano i progetti di calcolo distribuito è semplice e non c’è bisogno di alcuna conoscenza tecnica per contribuirvi. La prima volta che si avvia BOINC viene chiesto a quale progetto vogliamo aderire. Se ne può scegliere uno o anche più di uno. Da questo punto in poi tutto avviene in modo automatico. Ogni progetto scaricherà sul PC il proprio CLIENT, cioè il programma che si occuperà di elaborare i dati. Il programma BOINC si connetterà ad Internet, scaricherà dei pacchetti di dati (chiamati Work Units o anche tasks, abbreviato WUs), li farà elaborare al nostro PC tramite il client del progetto e, completata la Work Unit, provvederà a riportare i risultati ed a acquisire nuove WUs. Durante l’elaborazione non è necessario restare connessi ad Internet. È possibile elaborare questi dati sul proprio PC quando si vuole, in generale in ogni attimo durante il quale il PC, e in particolare il processore, non viene utilizzato in nessuna operazione o compito gravoso. Si può utilizzare la potenza di calcolo del proprio computer per elaborare mentre si naviga, si scrive una relazione, si legge la posta e persino mentre si guarda un film. È possibile spegnere il proprio computer in qualsiasi momento, l’elaborazione dei dati si interrompe e riprende automaticamente dal punto in cui si era fermata non appena il PC viene riacceso. L’elaborazione avviene a priorità bassa, il che significa che non si noterà nessun rallentamento del PC in quanto, quando gli altri programmi richiedono l’uso del processore, BOINC "si fa da parte" e concede la precedenza. Durante l'elaborazione il processore lavora al pieno delle sue capacità. Questo non deve spaventarvi: i computer sono fatti apposta per lavorare e non si danneggiano se le temperature restano nella norma. Nessun pericolo quindi a meno che non abbiate modificato qualcosa in modo improprio o non abbiate piazzato il PC di fianco al termosifone! Anzi, per dirla tutta, sono molto più pericolosi gli sbalzi di tensione che ricevono quando vengono accesi o spenti.

Alcune considerazioni

Chi aderisce a un progetto di ricerca non lo fa per ricevere premi o denaro ma per poter dire di aver dato una mano. Tanti più pacchetti di dati elaboreremo, tanto più saremo utili alla ricerca. Tuttavia è importante sottolineare che aderendo a un progetto di “calcolo distribuito” non prenderemo nessun impegno vincolante: non ci sono risultati minimi da raggiungere. Chiunque potrà contribuire in maniera spontanea alla ricerca scientifica, lo farà per il tempo che vorrà e con quanti computer vorrà. Alla fine ci sembrerà come una sciocchezza da quant'è facile ma il nostro contributo avrà un valore ben più importante, lo avremo fatto per noi stessi quanto per gli altri. Il “calcolo distribuito” va interpretato come una nuova forma di beneficenza o di volontariato, e una volta iniziato sarà difficile non appassionarsi ad esso. Per maggiori informazioni ecco il portale della comunità italiana di BOINC: Boinc.Italy

 Come partecipare alla ricerca con BOINC

Partecipa anche te con il tuo pc alla ricerca! E' molto semplice e non servono particolari conoscenze per contribuire alla scienza: bastano pochi click!
Per iniziare da subito segui questi semplici passi:
  1. Scarica ed installa il software BOINC per il tuo sistema operativo sul tuo pc da QUI (trovi anche il link diretto all'ultima versione nella colonna a destra del nostro portale!)
  2. Avvia BOINC e seleziona il progetto di ricerca a cui vuoi partecipare dall'elenco proposto o inserisci il link manualmente di un progetto non in elenco. Qui trovate l'elenco dei progetti supportati da BOINC.Italy con la loro descrizione.
  3. Attendere che il software BOINC contatti il server del progetto e scarichi i dati da elaborare
  4. Appena  i dati sono stati scaricati parte automaticamente l'elaborazione, quindi non ti resta che lasciare BOINC attivo mentre utilizzi il pc, penserà a tutto lui! Wink
  5. Ultimo passo da non dimenticare è entrare nel team di BOINC.Italy facendo il join dal sito del progetto al quale state partecipando. Sempre nella pagina dei progetti trovate per ognuno il link alla pagina del team da dove potete effettuare il join. Il join al team BOINC.Italy non cambierà nulla nelle vostre impostazioni dell'account ed ai vostri crediti, ma i crediti che riceverete andranno ad aumentare anche il totale del team invece che andare a nessuno, aiutando così il team italiano a raggiungere sempre nuovi e più grandi risultati! Il join non costa nulla ed è molto importante per il contributo al team! I membri del team possono visualizzare le loro statistiche e traguardi nella sezione statistiche del portale.

Qui sotto elencheremo dei progetti da scegliere:
1. SETI@home =Lo scopo di SETI@home è quello di analizzare i dati provenienti da radiotelescopi, quali quello diLo scopo di SETI@home è quello di analizzare i dati provenienti da radiotelescopi, quali quello diArecibo, alla ricerca di pattern regolari che possano ritenersi prodotti da fonti artificiali invece che naturali e che indicherebbero l'esistenza di altre forme di vita intelligenti.
2.
QMC@homeIl progetto QMC@home della facoltà Chimica Organica Teorica dell'Università di Münster in Germania è una applicazione alla chimica della Meccanica quantistica.La chimica quantistica ha come obiettivo la descrizione del comportamento elettronico degli atomi e delle molecole in relazione alla loro reattività e fonda i suoi presupposti sulla meccanica quantistica, condividendone quindi l'improponibilità in termini di calcolo per casi non banali.
3.Milkyway@home=Lo scopo di Milkyway@Home è quello di utilizzare la piattaforma BOINC e i suoi volontari per creare un accurato modello tridimensionale della Via Lattea sfruttando i dati dello Sloan Digital Sky Survey. Più precisamente il progetto mira a generare un modello tridimensionale della Galassia Nana Ellittica del Saggitario che dovrebbe dare informazioni su come la Via Lattea si sia formata.
4.SimOne@home=Simulation One è un progetto di calcolo distribuito italiano il cui scopo principale è quello di mettere a disposizione di gruppi di ricerca, universitari e non, un server BOINC pronto all'uso in modo da permettegli di focalizzare il proprio impegno solo sullo sviluppo dell'applicazione di calcolo e sullo sviluppo delle unità di lavoro.
5.Rosetta@home=Rosetta@home è un progetto che si occupa di prevedere la struttura tridimensionale delle proteine e le interazioni tra di esse. Lo studio di queste caratteristiche potrebbe portare alla scoperta di cure per alcune delle più diffuse malattie. Le proteine infatti sono i mattoni alla base di tutte le funzioni cellulari ed ognuna ha una funzione diversa data dalla sua struttura che, a sua volta, è data dagli amminoacidi che la compongono.
Quindi, conoscere la struttura equivale a conoscere le funzioni. Aumentando la conoscenza in questo campo, i ricercatori saranno in futuro in grado di dire quali proteine potrebbero essere utili per la cura di varie malattie (come AIDS; Cancro, Malaria o Morbo d'Alzheimer) e persino di modellarne di nuove quando necessario.
Questa è solo una piccola lista, ce ne sono molti di più, per vedere la lista quasi completa andate qui .

Ecosia|Fai rierche su internet e aiuta la foresta pluviale

Ecosia è un motore di ricerca che dona l' 80% dei ricavi alla salvaguardia delle foreste pluviali. Partecipa anche tu!

lunedì 16 luglio 2012

Scoperto quinto satellite di Plutone

In vista del flyby che la sonda New Horizons della NASA effettuerà con Plutone alla metà di luglio del 2015, già da qualche anno sono state intensificate le osservazioni del sistema satellitare del pianeta nano, con l'intento di scoprire nuove lune. Ciò ovviamente per ottimizzare il programma da svolgere durante il flyby e per rendere l'operazione più sicura.
Nell'anno del lancio della sonda, il 2006, erano state scoperte la seconda e terza luna di Plutone (Nix e Hydra), che andavano ad aggiungersi a Caronte, noto sin dal 1978. Un anno fa le lune erano salite a quattro, con la scoperta di P4 (nome provvisorio, vedi news), e ora gli stessi protagonisti di quella scoperta, sotto la guida di Mark Showalter (SETI Institute, Mountain View, California), hanno scoperto anche una quinta luna, ancora una volta utilizzando la Wide Field Camera 3 del telescopio spaziale Hubble, che ha immortalato l'oggetto il 26, 27, 29 giugno e il 7 e 9 luglio.
Denominata provvisoriamente P5 (oltre che S/2012 (134340) 1), risulta avere una forma irregolare, con assi compresi fra 10 e 25 km, ed essere collocata su un'orbita circolare con diametro di 95mila km che giace sullo stesso piano delle orbite delle altre lune. 
Tratto da astropublishing.com

Soyuz partita verso ISS

Una Soyuz russa con a bordo tre astronauti (una americana, uno russo e uno giapponese)è stata lanciata dal cosmodromo in Kazakihstan, verso la ISS (International Space Station), dove resteranno per 4 mesi.

domenica 15 luglio 2012

Ciao a tutti